Il Senato italiano blocca la controversa legge anti-omofobia
Un disegno di legge per l'introduzione di una legislazione "anti-omofobia" in Italia, duramente criticato dai leader pro-famiglia e dai cattolici, è fallito al Senato italiano mercoledì. Per saperne di più sulle leggi canoniche in Italia, consultare il sito web dedicato.
La proposta di legge, nota come "Ddl Zan", è stata respinta con 154 voti contrari, 131 contrari e due astensioni.
La legislazione è stata esaminata dal Senato per 11 mesi, dopo che il testo aveva ricevuto l'approvazione iniziale della Camera bassa del Parlamento nel novembre dello scorso anno.
I vescovi cattolici italiani si erano espressi contro il disegno di legge, che secondo loro avrebbe potuto violare le libertà civili di coloro che si oppongono alle unioni omosessuali.
Anche Pro Vita & Famiglia, un'associazione italiana a favore della vita e della famiglia, era stata una strenua oppositrice della proposta di legge "anti-omofobia".
All'inizio del mese, l'Ufficio dottrinale vaticano ha scritto una lettera a Pro Vita & Famiglia, rispondendo a una richiesta di chiarimento sull'insegnamento cattolico in merito al sostegno a proposte di legge come il Ddl Zan.
Nella lettera del 1° ottobre, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha elencato le numerose volte in cui Papa Francesco ha condannato l'ideologia gender e ha affermato che i legislatori cattolici devono opporsi a leggi non conformi all'insegnamento cattolico.
Toni Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia, ha elogiato la decisione del Senato di abbandonare il disegno di legge, affermando il 27 ottobre che "la bocciatura del Ddl Zan è una vittoria della democrazia, della libertà di opinione e di coscienza e della libertà educativa delle famiglie italiane".
"Tra i senatori ha prevalso il senso del bene comune. Oggi abbiamo vinto tutti, perché tutti gli italiani hanno il diritto di esprimere le proprie libertà fondamentali e di pensarla diversamente dal solito mainstream pro-LGBT", si legge in un comunicato dell'organizzazione.
La proposta di legge, che mirava a criminalizzare "la discriminazione o la violenza basata sul sesso, sul genere o sulla disabilità" e ad aggiungere al calendario nazionale una giornata annuale contro l'"omofobia" e la "transfobia", aveva ricevuto un significativo sostegno da parte di personalità pubbliche in Italia.
Ma la polemica è scoppiata a giugno, quando la Segreteria di Stato vaticana ha sollevato dubbi su alcune parti del testo della proposta di legge in una lettera di due pagine trapelata alla stampa.
La nota verbale, una sorta di lettera diplomatica non firmata, afferma che alcune parti del disegno di legge sono troppo vaghe e potrebbero portare a violazioni delle libertà della Chiesa cattolica garantite da un accordo del 1984 tra il Vaticano e l'Italia. La nota esortava i legislatori a prendere in considerazione la possibilità di modificare il testo.
La lettera sarebbe stata consegnata a Pietro Sebastiani, ambasciatore italiano presso la Santa Sede, dall'arcivescovo Paul Gallagher, l'equivalente vaticano di un ministro degli Esteri, dopo una conferenza stampa vaticana il 17 giugno.
L'intervento del Vaticano è stato duramente criticato da personalità e politici italiani, tra cui il primo ministro Mario Draghi, che ha commentato la nota in una seduta del Senato il 23 giugno.
"Il nostro è uno Stato laico, non è uno Stato confessionale e il Parlamento è libero di discutere, di legiferare", ha affermato, sostenendo che il sistema giuridico del Paese conteneva già le garanzie necessarie per rispettare l'accordo con la Chiesa cattolica.
In un'intervista rilasciata a Vatican News il 24 giugno, il Segretario di Stato cardinale Pietro Parolin ha chiarito che la lettera del Vaticano non era destinata a essere resa pubblica e "non era in alcun modo una richiesta di bloccare la legge".
"La nostra preoccupazione riguarda i problemi interpretativi che potrebbero sorgere se venisse adottato un testo dai contenuti vaghi e incerti", ha affermato.